Premessa
L’agricoltura è un’attività primaria, che sfama direttamente più di due miliardi di persone ed ha il compito principale di assicurare le risorse nutritive per l’intera umanità, avendo allo stesso tempo in cura gran parte della superficie terrestre.
In un paese come l’Italia queste funzioni si intrecciano con una complessa trama composta da storia, tradizioni culturali, paesaggio, tipicità alimentari ed enogastronomiche… che rendono unica ed irripetibile l’esperienza agricola. Solo una prospettiva di sostenibilità e di equità può salvaguardare queste caratterizzazioni.
Il movimento agrobiologico italiano già negli anni ’80 ha posto la questione ambientale e sociale dell’agricoltura come dirimente per lo sviluppo di se stessa e dell’intero territorio. A più di trent’anni sono questioni tutt’ora aperte ed attuali.
Questo manifesto viene promosso da diverse organizzazioni impegnate a diverso titolo nell’agricoltura biologica italiana, perché i principi dell’agrobiologia siano nel nostro paese ancora punto di riferimento e di richiamo per l’intero agroalimentare.
Il manifesto si richiama ai principi ed ai valori dell’agricoltura biologica sanciti dall’Assemblea Generale IFOAM di Adelaide (AUS) del 2005, che si intendono parte integrante e quindi non vengono qui ripetuti . Riconosce inoltre come utile metodologia di riferimento le linee guida FAO per la valutazione di sostenibilità dei sistemi di agricoltura ed alimentazione (SAFA Guidilines 3.0, Roma e 2013) e i valori espressi nella “Charter of Fair Trade principles”.
Allo stesso tempo si ritiene l’agricoltura biologica parte attiva del movimento dell’economia eco equo-solidale, nelle più svariate espressioni che assume in Italia e nel mondo.
I principi che Humus intende specificare ulteriormente sono i seguenti.
Sviluppo durevole (sostenibile)
La pratica dell’agricoltura biologica deve avere carattere durevole, con la proiezione di un orizzonte intergenerazionale, che presuppone metodologie, sistemi e tecniche in grado di tutelare e rigenerare i presupposti ambientali (naturali) e biologici degli agroecosistemi.
In un territorio a carattere prevalentemente mediterraneo, come quello italiano, questo presuppone in primo luogo che i sistemi agrobiologici devono essere orientati alla tutela ed all’incremento della sostanza organica del suolo, intesa soprattutto come humus fondamentale del terreno agrario.
Le strategie di rispetto dei cicli biologici della sostanza organica nell’agroecosistema implicano e richiamano la salvaguardia degli altri beni comuni gestiti dall’agricoltura (oltre al suolo), cioè l’aria (emissioni nocive e climatico alteranti), l’acqua (preservazione ed uso sostenibile della risorsa idrica) e la biodiversità dei campi coltivati e del territorio agricolo (sementi e paesaggio).
Nel suo complesso l’agricoltura biologica si pone l’obiettivo di promuovere i cicli biologici naturali e l’ecologia del paesaggio, affermando l’incompatibilità delle attività agricole con gli organismi geneticamente modificati e con la logica del controllo genetico attraverso i brevetti e le prassi dell’agricoltura industriale. Così come considera incompatibile la vicenda agricola con l’uso delle molecole chimiche di sintesi, rappresentate dagli erbicidi e dai pesticidi.
Equità del prezzo e delle relazioni sociali ed economiche
L’agricoltura è capace di creare valore sociale ambientale e produrre beni comuni, oltre che prodotti agricoli. Tuttavia il mercato in genere non riconosce nel prezzo dei prodotti agricoli i valori dell’agroecologia e dell’agricoltura sociale. Tende a produrre un peggioramento delle relazioni sociali, delle condizioni di lavoro e di reddito che, in alcuni casi portano alla marginalità quando non diventano preda di attività illegali. Sempre più luoghi e reti si attivano per riproporre un patto fra agricoltori e consumatori in grado di riconoscere il valore della produzione agricola e dei beni comuni, mercati locali, reti di economia solidale, commercio equo … pongono come determinanti il valore intrinseco della produzione e delle relazioni umane. Un nuovo modello deve avere l’obiettivo di proporre relazioni economiche e di lavoro che rispettino le leggi, prevengano e combattano i fenomeni malavitosi e criminali, promuovono la giustizia sociale, la partecipazione, l’accoglienza dei migranti, la crescita professionale e lo sviluppo umano. Relazioni commerciali in grado di instaurare collaborazioni di lungo periodo, basate sul riconoscimento del valore della produzione, riflesse in un prezzo equo, fino a comprendere un patto di filiera con i consumatori e relazioni di partenariato in grado di mitigare i rischi e le conseguenze nocive dei cambiamenti climatici, anche con buone pratiche e l’innovazione.
Responsabilità sociale e territoriale
L’agricoltura biologica si pone al servizio delle reti sociali finalizzate alla preservazione dei beni ambientali e dei valori del territorio. Attraverso la tutela delle forme di lavoro familiare ed artigiano, anche quelle tradizionali, proprie dell’impresa agricola “inclusiva”, del lavoratore e del consumatore/coproduttore, in grado di perseguire il soddisfacimento solidale di tutti i “bisogni” di vita (cibo, salute, sicurezza) e di lavoro (reddito, opportunità).
Con questi obiettivi la pratica dell’agricoltura biologica si pone il fine di determinare il cambiamento dei sistemi agricoli territoriali, con forme innovative di interazione e partecipazione, in grado di assicurare le dovute sinergie fra le sostenibilità economiche, ecologiche e sociali. Cibo, paesaggi, biodiversità ed il benessere delle persone, sono “beni comuni”, perché riguardano tutti (produttori, consumatori, cittadini, istituzioni) e possono essere tutelati solo con dovuto il coinvolgimento di tutti. E’ questa la dimensione civica dell’agricoltura, che determina il superamento delle contraddizioni fra interessi privati di mercato e collettivi di territorio, rendendoli invece interattive. In tal senso viene superata anche la separazione fra la produzione ed i cosiddetti “consumi” di alimenti, che divengono invece un atto che completa la produzione agricola, anche con la prevenzione degli sprechi e la gestione sostenibile dei rifiuti.
La condivisione dei “beni comuni” del territorio richiama anche una dimensione di “sobrietà” degli stili di vita e delle relazioni con gli altri; intendere cioè che il proprio agire possa valere per il resto della propria comunità, come vera e propria norma universale. Avere consapevolezza che, quando si sceglie lo si fa per tutti. E che di tutto e di tutti si è responsabili. Da qui la necessità di vivere con “sobrietà”, cioè in modo innocente (che non nuoce), quindi con equilibrio, senso della misura e con etica del limite.
Qualità del prodotto, bontà e sapore del cibo
Compito fondamentale dell’agricoltura biologica è quello di perseguire il buon sapore e valore alimentare dei cibi, come insieme di fattori oggettivi e facilmente misurabili, come il valore nutritivo, la gradevolezza, l’assenza o meno di difettosità di prodotto.
Si sente sempre più il bisogno di una caratterizzazione più complessa e allo stesso tempo più evidente della qualità del prodotto biologico, che valorizzi il più possibile le interazioni fra piante coltivate, animali allevati e l’agroecosistema. Interazioni che sono in grado di generare “valore alimentare”, al di fuori di interventi antropici degenerativi ed immissioni di ingenti input esogeni, esaltando invece ciò che solo le peculiari e uniche condizioni agricole locali possono generare. Questo presuppone anche che i prodotti biologici siano parte di nuovi stili e modelli alimentari, in grado di mettere realmente a frutto e di esaltare le caratteristiche peculiari del prodotto biologico, a condizione che si abbandonino (almeno in parte) i principali parametri qualitativi imposti dal mercato del prodotto convenzionale. Non è questo che la gente si aspetta e non è questo che il produttore biologico è in grado di offrire.
Parliamo di un cibo più genuino perché più vicino al mondo agricolo che lo ha generato, di lavorazioni del prodotto che preservino naturalità e freschezza del prodotto, di cibo che non sia solo esente da pesticidi, ma che nasca da piante curate con naturalità, esenti da pesticidi e nitrati. Di cibo che sfrutti al meglio le condizioni pedologiche e ambientali locali, senza particolari forzature, di cibo diverso non solo per la base genetica, ma anche per la storia e la tradizione di cui è portatore, di cibo nuovo perché frutto di una nuova agricoltura e capace di soddisfare modelli alimentari più sostenibile, come quello vegano e vegetariano, di un cibo che aiuti a guarire il corpo, ma anche l’anima. Di un cibo che aiuti a parlare, confrontarsi, ragionare, tollerare per garantire il pieno soddisfacimento alimentare della umanità ma anche preservare la ricchezza della biodiversità culturale che lo caratterizza.
Il biologico di cui parliamo non ha paura di confrontarsi con i panel più esigenti e più selettivi, perché intende mantenere fede alle sue promesse, ovvero che è in grado di offrire un prodotto più buono. Educazione alimentare, educazione al gusto ed educazione alla ricerca della qualità del prodotto, devono essere gli elementi caratterizzanti il biologico italiano, che deve essere in grado in ogni momento di dimostrare che il cibo biologico è buono perché unico, in tutti i sensi per il corpo, per il benessere e per lo spirito.