Il biologico ed il biodinamico italiano sono utili a tutto il paese ed al pianeta.
Difendono pluralità, biodiversità e convivenza.
L’agricoltura biologica e biodinamica sono una reale speranza per il futuro del nostro pianeta, oltre che del nostro paese.
La via maestra per affrontare il degrado ambientale, l’inquinamento chimico del suolo, dell’acqua e dell’aria che nell’agricoltura industriale trova il principale responsabile.
Lo dimostra la straordinaria diffusione della pratica agro biologica che si è avuta in questi ultimi anni. Lo confermano ricerche scientifiche, studi e sperimentazioni realizzati in Italia come a livello internazionale.
Gli agricoltori biologici sono i primi custodi fondamentali di quei principi e di quelle pratiche essenziali per rigenerare la fertilità organica dei suoli, per tutelare i grandi patrimoni naturali come l’acqua e la biodiversità vegetale ed animale, per fornire cibo sano alle città e alle nostre comunità.
Le polemiche strumentali e pretestuose di queste settimane hanno il doppio obiettivo da una parte di occultare e manipolare il lavoro prezioso di tanti contadini e cittadini che hanno difeso e supportato l’idea di biologico con il loro lavoro ed i loro consumi, e dall’altra di riportare l’agricoltura nelle mani dell’industria e della chimica di sintesi.
Il disegno di legge sul biologico approvato dal Senato e ora alla Camera dei Deputati è un fatto di grande importanza, tuttavia alcuni dubbi di rilievo restano aperti.
Appaiono incomprensibili le ragioni di alcune modifiche del testo approvato quattro anni fa, cambiamenti che appaiono in contraddizione con la ricchezza e la pluralità di esperienze di quanti hanno scelto i principi e le pratiche del “biologico”.
Indichiamo due questioni sulle quali riteniamo giusto un supplemento di riflessione: le regole della rappresentanza e il tema delle sementi biologiche.
– Il disegno di legge di fatto restringe il ruolo delle organizzazioni dei produttori agro biologici, che sono tantissime e diverse ed inclusive sui territori nonché realmente attive nella produzione e nella distribuzione dei prodotti.
Il tavolo tecnico previsto dall’articolo 14 limita la partecipazione sindacale agricola alle 4 organizzazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale. Le stesse organizzazioni sono le sole – definisce il disegno di legge – che possono interagire nella promozione delle intese di filiera, di cui all’articolo 16.
Nella stessa direzione vanno le disposizioni in materia di Organizzazione Interprofessionali biologiche (art. 14), che prevedono per le loro importantissime funzioni di regolamentazione e rappresentanza, la possibilità che ne sia riconosciuta una sola a livello nazionale e con una quota delle attività economiche svolte pari solo al 30 per cento del totale, (mentre in altre leggi, più saggiamente, la quota è del 75% proprio per dare più rappresentatività all’insieme del mondo produttivo).
Sotto questo profilo il disegno di legge apre un problema serio per la partecipazione, la democrazia e la rappresentanza dei moltissimi soggetti economici interessati che vivono sostengono e producono biologico.
L’impostazione del progetto di legge considera la rappresentatività del mondo del biologico in termini di filiera, lunga e composita, quando invece il biologico soprattutto dei tanti piccoli e medi produttori si esprime in termini di territori e di relazioni corte e dirette. In nessuna parte della legge purtroppo troviamo alcun riferimento alla filiera corta e niente viene previsto per favorirne, con regole appropriate, il suo sviluppo.
– Sul tema di sementi biologiche il disegno di legge introduce forti elementi di confusione, che rischiano di snaturare nel nostro paese le norme stabilite dal Reg. Ue 848/2018 che hanno reso libera la produzione e la commercializzazione del “materiale riproduttivo vegetale eterogeneo biologico”, che comprende anche gli ecotipi locali costituiti da popolazioni non selezionate.
I semi locali biologici rappresentano il germe vitale dell’agricoltura biologica e della biodiversità agricola italiana, in un paese come il nostro caratterizzato da miriadi di tipicità. Non è accettabile che vi siano a questo riguardo limitazioni e confusioni rispetto alla libertà di produzione e commercializzazione previste dalle norme europee.
Con questa nostra posizione non intendiamo, come è ovvio, offrire alcun pretesto a tutti coloro che hanno da sempre boicottato una legge che offre sistematicità e sostegno all’agricoltura biologica, ma al pari tempo non possiamo tacere sui problemi e rischi presenti nell’attuale testo.
Consideriamo quindi importante una discussione, pur non compromettendo il disegno di legge attuale, in cui si possano individuare i tempi e le modalità per affrontare quei punti che a nostro parere limitano se non addirittura comprimono un mondo in forte e radicale crescita che è quello di nuovi e giovani contadini. Per i quali il biologico non è fine ma strumento di ripopolamento e reintroduzione di nuovi mestieri artigianali e agricoli che hanno al centro la terra e la sua conservazione, specie nelle aree interne del nostro paese.
Agostino Maurizio (Rete Humus)
Apicella Mario (Biodistretto Monte Amiata)
Basile Francesco (Professore Chimica Industriale Università di Bologna)
Bignardi Marco (Toscana Biologica)
Cavazzoni Lucio (Good Land)
Ceccarelli Salvatore (Genetista)
Compagnoni Antonio (Rappresentante Italiano Consiglio Europeo IFOAM)
Paolo Di Francesco (Associazione La Buona Terra)
Dongo Dario (Egalité)
Ferraris Emanuela (Libera Professionista)
Grando Stefania (Genetista)
Marco Pollastri (Centro Antartide Bologna)
Mele Giuseppe (Movimento No Scorie Int.)
Mercatante Gaetano (Associazione ABC)
Michieletto Luca (Libero Professionista)
Minisci Maria Grazia (OP Carpe Naturam)
Monetta Michele (UP BIO)
Paltrinieri Roberta (Professoressa di Sociologia Università di Bologna)
Paparella Nino (Rete Utile Buono e Bio)
Poggioli Graziano (Santa Rita Bio)
Santovito Savino (Puglia Natura)
Sebastianelli Bruno (Coop. La Terra e il Cielo)
Zecchinato Franco (Coop. El Tamiso)